"Il difficile percorso di un sogno: diventare avvocato" di Federico Cazzaniga - Harambee Italia
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“Il difficile percorso di un sogno: diventare avvocato” di Federico Cazzaniga

di Federico Cazzaniga

 
Mi chiamo Federico Cazzaniga e ho 26 anni. Sono nato e vivo nel quartiere Calvairate a Milano. Suono la chitarra e tifo in modo sfegatato per l’Inter, ma ho un enorme difetto: la passione per il diritto.

Questa passione mi ha portato a spendere 5 anni pieni di soddisfazioni alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università Statale di Milano, che si sono conclusi a ottobre 2018. In quei mesi ho iniziato il praticantato forense anticipato presso uno studio legale internazionale che mi ha portato a completare il tirocinio professionale in tempo utile per sostenere l’esame di abilitazione 2019. Da lì l’inizio dell’odissea.

Il percorso formativo cui siamo chiamati noi giuristi è lungo e dispendioso. Si sa. Dal momento dell’iscrizione all’università alla prima occasione utile in cui iniziare la professione di avvocato passano – nel migliore dei casi – oltre 10 anni. L’esame di abilitazione è straniante, anacronistico e – ciononostante – altamente selettivo: più di tre candidati su quattro ogni anno scoprono, spesso in esito a un percorso formativo impeccabile e all’alba dei 30 anni circa, di non essere idonei a esercitare la professione per cui le proprie famiglie hanno sostenuto anni di sacrifici. Per i candidati è estremamente doloroso scoprire che gli sforzi di metà della propria vita sono stati vani e che dovranno riqualificarsi professionalmente a quell’età.

Tutti questi ostacoli non fermano oltre 20.000 candidati che ogni anno scelgono ugualmente di lottare per realizzare il proprio sogno: diventare avvocato. Alla mia generazione, però, è stato chiesto ancor di più.

La correzione degli elaborati scritti è stata sospesa per lunghi mesi, lasciando i praticanti esposti a un silenzio assordante. Quel che fa più male è che le soluzioni c’erano. Si poteva proseguire nelle correzioni con modalità telematiche. Si poteva rimeditare la struttura dell’esame di abilitazione, al pari di quanto fatto per tutte le altre professioni. Invece, si è deliberatamente scelto di non agire.

Che paese è quello che a una generazione di giovani pronti ad anni di sacrifici per lavorare risponde: “ce ne occuperemo quando avremo tempo, ora abbiamo cose più importanti a cui pensare”? Ammetto che l’incapacità di inserire i giovani nel tessuto produttivo del paese mi angoscia e getta un’ombra lunga sulla sostenibilità della nostra economia.

Tuttora il tema è aperto. Ad oggi, infatti, non si conosce la data in cui sarà ultimata la correzione e ciò è grave. Non solo non conosciamo il giorno in cui – con l’acquisizione del titolo di avvocato – potremo finalmente iniziare a costruire i nostri percorsi di vita professionale e familiare, ma non possiamo nemmeno programmare il nostro futuro immediato: la prosecuzione della collaborazione con gli avvocati presso cui abbiamo svolto la pratica, un’esperienza di studio e la partecipazione a concorsi presso istituzioni internazionali, a cui i nostri coetanei degli altri paesi partecipano, mentre noi restiamo esclusi a causa del mancato esito dell’esame.

Paradossalmente, non sappiamo neppure se iscriverci ai costosi corsi di preparazione all’esame 2020, visto che probabilmente lo dovremo sostenere una seconda volta, senza aver conosciuto i risultati della prima!

Questi temi restano irrisolti.

Mi ha fatto enorme piacere leggere la posizione di Azione sulla necessità di assicurare la ragionevole durata del procedimento di abilitazione e spero davvero che questa istanza sia recepita anche dalle istituzioni – politiche e forensi – per mettere la parola “fine” all’incertezza.