La Vittoria del No Vaccino del Populismo - Harambee Italia
harambee, richetti
1225
news_post-template-default,single,single-news_post,postid-1225,cookies-not-set,ajax_fade,page_not_loaded,,qode-title-hidden,qode_grid_1300,side_area_uncovered_from_content,qode-theme-ver-14.0,qode-theme-bridge,disabled_footer_top,wpb-js-composer js-comp-ver-5.4.7,vc_responsive

La Vittoria del No Vaccino del Populismo

 

di Marco Plutino

 

Mi è capitato di definire la riduzione del numero dei parlamentari come il punto più basso della “Seconda Repubblica”. Questa espressione giornalistica è ormai caduta, forse per fortuna, in desuetudine ma non dobbiamo dimenticare che non era uno pseudo-concetto sul piano politico. Se sul piano giuridico la Repubblica è solo una, sul piano del discorso istituzionale dal 1993 con la caduta del sistema repubblicano dei partiti storico è avanzata una retorica abituata a contrapporre la rappresentanza con la sovranità popolare.

Il tratto di questo pensiero, abitualmente definito anti-politico, è stato l’antiparlamentarismo (anticamera di tutti i pensieri autoritari), il rifiuto del ruolo della classe politica e direi finanche l’incomprensione del fondamento rappresentativo della nostra democrazia, e non solo della nostra. Effetto collaterale è che questa critica, nata in ambienti culturali di nicchia, è diventata politica tra le altre – la politica dell’antipolitica – e ha consentito a tanti di far carriera. Grottesco, invece, che ad punto abbia conquistato pressocchè l’intero sistema politico, compresi tanti che amano definirsi avversari del populismo. Di tutto ciò i “grillini” ovviamente nulla sanno e di nulla sono responsabili, incapaci come sono di partorire una qualsiasi idea meditata. Le responsabilità sono molte e diffuse. Il ruolo dei grillini è solo quello degli imperatori acclamati per un giorno nel basso impero. Resta che fino ad oggi tutto l’armamentario anti-politico non era mai arrivato nella sua espressione più grezza ad un passo dalla mutare la Costituzione.

Siamo perciò su un crinale. Si può discutere di questa o quella riforma – in particolare delle riforme Berlusconi del 2005 e di quella di Renzi del 2016 – ma non si può negare che si collocassero nell’alveo di un discorso riformatore che affondava la radici in una crisi della Repubblica che si era delineata da anni assai lontani e rispetto alla quale soluzioni politiche e politicismi non sono serviti. E’ dalla fine degli anni ’70 che si parla intensamente di riforme istituzionali in Italia e sempre con l’obiettivo di ammodernare l’ordinamento della Repubblica (la parte II della Costituzione) per rendere più effettivi i suoi principi.
E si. Perchè le politiche istituzionali sono politiche come le altre, e non c’è efficienza delle istituzioni le loro performance difficilmente possono essere positive in termini di decisioni (il cd. output). Per questa ragione si può pensare tutto il male possibile di una revisione della Costituzione che non è puntuale – che è ben altra cosa – ma casuale. Una riforma puntuale interviene su un unico istituto, ma è conscia delle connessioni con il tutto. La riduzione del numero dei parlamentari proposta è solo uno spot elettorale che il Movimento Cinque Stelle volle approvare in vista delle elezioni europee (che tuttavia non andarono benissimo…) ed è parte di un disegno eversivo partorito dalle elucubrazioni distopiche di Casaleggio padre noto come “riforme Fraccaro” di cui sono parte integrante la messa in discussione del libero mandato parlamentare, la sostituzione della democrazia rappresentativa con quella diretta ed elettronica e la conferma e il rafforzamento di un bicameralismo perfetto unico al mondo per marginalizzare ulteriormente il parlamento, fino a renderlo inutile.

Neanche un minuto si può accreditare l’idea che la riduzione del numero dei parlamentari sia l’anticipazione di qualcosa che sarà completato quale parte buona, ancorchè minima, di un disegno più ampio e altrettanto buono. Pensare la riduzione del numero dei parlamentari al di fuori di un’idea di paese e di politica è folle. Imporre vincoli di fatto ad una futura legge elettorale senza avere un’idea di rappresentanza, discendenti dall’esiguo numero di parlamentari che risulterebbe (non dimentichiamolo, distribuiti su due camere), è puro avventurismo. Mai una riduzione del numero dei parlamentari è stata immaginata al di fuori del campo suo proprio di un rilancio del parlamento a partire da un ridisegno delle suo funzioni, per completare il carattere regionalista. Con la vittoria del Si’ questo tratto della forma di Stato resterebbe monco e le regioni umiliate. Il parlamento vedrebbe aggravata la propria crisi di funzionalità che già oggi porta a distorsioni sicuramente incostituzionali, dal disordine che opera nel sistema delle fonti alle “razionalizzazioni” dei suoi lavori che non sono altro che menomazioni di prerogative costituzionali.

Per fortuna gli umori popolari stanno cambiando e l’antipolitica si appresta a non essere più di moda. Un tempo il cittadino comune davanti ad un quesito così’ apparentemente semplice e accattivante non avrebbe avuto alcun dubbio né avrebbe chiesto delucidazioni. E se avesse ascoltato un’argomentazione in dissenso col suo senso comune avrebbe solo rafforzato il suo pregiudizio di conferma. Oggi si interroga. Sperimentata l’antipolitica alla prova del governo in tutte le sue salse (compreso il sovranismo, che ne è una variante) anche la cittadinanza che segue meno la politica si interroga se questa riforma non sia un furto di sovranità. Ieri avrebbe barattato la riduzione degli spazi della rappresentanza (politica, territoriale, degli italiani all’estero e quant’altro) non con una tazza di caffè all’anno ma anche solo con la bustina di zucchero. Forse la parabola si doveva compiere fino in fondo. E così ci troviamo con un NO che pensava di impegnarsi in una battaglia di pura testimonianza a favore della nobiltà della politica che oggi recupera punti su punti e un SI’ che si fa evanescente nel suo disincarnamento. Nelle tribune elettorali lo scranno del SI’ è per lo più vuoto, nei confronti non è facile trovare suoi rappresentanti, i partiti che ufficialmente sono schierati per il SI’ sono spaccati al loro interno (per usare un eufemismo…) e alcuni si sono risolti verso la libertà di voto. Questa revisione non è appoggiata da alcuna significativa corrente scientifica o culturale.

In un quadro così grottesco e paradossale debbo dare atto che le amiche e gli amici di Harambee, a partire dalle voce forte e chiara di Matteo in Senato, si sono contraddistinti fin dall’inizio per la sicurezza di giudizio, fermezza di posizione e intransigenza. Le difficoltà costituite dalla fatica organizzativa di costruzione, con Azione, di una forza politica strutturata sui territori, non le hanno impedito fin dall’inizio di denunciare la natura populista e gli effetti gravemente dannosi di questa revisione costituzionale senza tatticismi di sorta. Dire le cose come stanno senza fare calcoli è quanto più coraggioso e importante si possa fare in questo delicato passaggio della nostra storia repubblicana. Sta volgendo al termine l’epoca della politica che rinuncia ad una funzione dirigente e prende posizioni dopo aver letto i sondaggi. L’emergenza COVID è stato uno spartiacque che ha fatto comprendere alle persone, in un momento drammatico, l’importanza di avere strutture pubbliche efficienti, persone competenti in posti di responsabilità e quanto sia importante ascoltare la voce della scienza. Oggi tutti attendiamo un vaccino per chiudere questa triste ma istruttiva pagina. Un contrappasso per il delirio degli anni scorsi.
L’augurio che rivolgo a noi tutti è che la vittoria del NO nelle urne, nonostante l’abbinamento alle elezioni voluto da una timida e non condivisibile decisione della Corte costituzionale, funga da vaccino per il nostro sistema politico malato e che da qui, da questa battaglia politica e prima ancora culturale, possa partire veramente una fase nuova della Repubblica caratterizzata dal ritorno del primato della politica, in auspicabile equilibrio con gli altri poteri e con lo stato di diritto. In un assetto siffatto, dove riacquistano un senso le coerenze, i percorsi, le competenze, ci sarà un gran bisogno di un’azione riformista e poter fare affidamento su un polo centrista e liberale quale presidio irrinunciabile per la difesa delle nostre libertà repubblicane.

Marco Plutino

Professore di diritto costituzionale – Blogger HuffingtonPost