Il racconto di Assisi - Harambee Italia
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Il racconto di Assisi

Voglio condividere con voi una testimonianza che ci è arrivata dopo la splendida tre giorni di Assisi. Credo che questo racconto riassuma e restituisca bene lo spirito con cui ancora oggi camminiamo insieme.

 

Tre giorni di riflessione ad Assisi sui temi del confronto, dello stare insieme e dell’amicizia politica.

Tre come il numero che viene associato nel firmamento alle stelle che sono ‘clarisse, pretiose et belle’, o ancora come gli aggettivi con i quali Francesco di Assisi nel suo “Cantico delle creature” descrive la figura di Dio – altissimo, onnipotente, bon Signore -.

Tre giorni, quelli con i quali è ripreso il cammino di Harambee, resi ancora più intrisi di riflessione sulla possibilità di realizzare l’utopia di una ‘pace politica’ dalle vicende che hanno caratterizzato la settimana da poco passata.

Viviamo un’epoca in cui è importante scrivere e talvolta scriversi addosso, ragion per cui è stato tanto più importante riprendere il cammino da Assisi e dai luoghi di Francesco, la cui vita è esemplificazione concreta di una legge universale che non aveva bisogno di essere scritta, ma vissuta.

L’arrivo a Villa Santa Tecla al crepuscolo di venerdì 14 aprile ha naturalmente predisposto alla condivisione e, contestualmente, al tema del primo incontro con Giuseppe Pagani sul tema ‘Le strade di Francesco. Riflessioni sui luoghi francescani’.

Un incontro in cui abbiamo percorso e attraversato strade e luoghi, entrando ed uscendo ognuno dalle proprie solitudini o da moltitudini in cui il ‘rumore’ prevale sul desiderio di riflessione. Uscire dagli ‘inclusi’ per andare incontro agli ‘esclusi’, come Francesco fa con il lupo rifiutando la soluzione più sbrigativa e probabilmente più popolare di precludere al lupo ogni via di accesso alla città innalzando recinzioni, o addirittura abbatterlo. Portare il lupo al centro della piazza quasi dicendo alla gente ‘ok, noi ci occuperemo dei suoi bisogni, di placare la sua fame e in cambio avremo la civile convivenza’ rappresenta il cambio di prospettiva.

Per avere una politica nuova c’è bisogno di politici rinnovati che abbiano il desiderio e il coraggio di un cambio di prospettiva che non si basa esclusivamente sul consenso, perché se Francesco fosse stato candidato a sindaco di Assisi il suo andare incontro al lupo sarebbe stato sinonimo di sconfitta, ma capace di guardare ‘oltre’.

Proprio dell’incontro di Francesco d’Assisi con il lupo di Gubbio narrato nei ‘Fioretti’, in cui Francesco appunto ammansisce un lupo feroce che spaventava la città, abbiamo parlato il mattino di sabato con Pietro Maranesi autore del libro ‘Francesco e il lupo. Strategie politiche per una società più inclusiva’, e del messaggio politico che oggi più che mai esso contiene.

Oggi che integrare il diverso e l’escluso all’interno della società sembra impresa ardua, al punto che l’unica soluzione a questo conflitto appare essere la scelta oppositiva guidata dalla violenza, dall’escludere, dal respingere.

Attraverso il racconto e l’incontro con Pietro Maranesi abbiamo considerato la parabola di Francesco e il lupo sotto una diversa prospettiva, evidenziando cioè la necessità di un ruolo nuovo, quello del mediatore politico, una figura capace di far superare al gruppo sociale le tensioni che normalmente nascono all’arrivo del ‘diverso’, e sia in grado non solo di gestire le paure, in modo che non sfocino nella violenza, ma addirittura di trasformare quella novità in opportunità di vita a vantaggio della comunità intera.

Al termine dell’intenso momento di riflessione e confronto la visita all’Eremo delle Carceri abbiamo di nuovo sperimentato attraverso il ‘moto verso il luogo simbolo’ dell’esigenza che Francesco aveva di solitudine, l’Eremo delle Carceri, la contemplazione intesa come ricerca, attraverso il silenzio, della via da percorrere.

Sempre in moto attraverso i luoghi siamo passati dalla meditazione all’inquietudine che Francesco viveva quando ancora era combattuto tra l’estrazione ‘imprenditoriale’ della sua famiglia e la vocazione, e che curò definitivamente approdando, mendicante, nella Chiesa di San Damiano, dove ricevette dal Signore l’esortazione ‘Francesco va e ripara la mia chiesa in rovina’.

La storia racconta che Francesco si recò a Foligno per vendere le migliori stoffe create dall’attività del padre e con il ricavato dare seguito all’esortazione ricevuta, salvo essere convocato dal tribunale ecclesiastico con il vescovo che gli chiese di restituire il denaro a suo padre e, insieme al provento della vendita, sottoporsi al rito della spogliazione delle vesti che indossava.

Uno spogliarsi che appare come rinuncia alla vanità intesa come incapacità a guardare al mondo, alla società, anche con gli occhi degli esclusi.

C’è una sorta di mondanità nella politica che ispira gli abusi più degli usi: nelle parole e negli atti concreti, e nella quale Harambee non si riconosce.

La sera, dopo l’incontro con Timoteo Carpiti di Fondazione Assisi e la cena, è venuto a trovarci Carlo Calenda, per amicizia, per condivisione, e un po’ per necessità di mettere la sordina alle tante, troppe parole di una settimana di cui è stato raccontato tutto, perfino il superfluo.

Carlo ci ha fatto partecipi delle ‘ragioni di un impegno’, spaziando tra attualità e aneddoti divertenti, condividendo la stanchezza ei giorni “complicati” e il sorriso che non deve mancare mai.

La domenica, prima dei saluti di arrivederci, mai come questa volta desiderosi di un tempo più ‘piccolo’, con Mario Raffaelli abbiamo parlato di ‘Come si arriva alla Pace’.

Perché questo è il senso di Harambee, combattere la povertà e costruire, attraverso l’inclusione degli esclusi, un solido e partecipato progetto di pace!

Alla prossima volta, con il desiderio che arrivi presto”.